Jenny Brunelli - Luci nella notte


Luci nella notte

Era tutta la notte che venivo seguita per le strade oscure del mio paese da esseri umani ignoti. Ma io lo sapevo, lo sapevo ogni notte: ero consapevole ogni volta di cosa volessero.
Non vedevo i loro volti, ma sentivo i loro cuori creare un vuoto silente nell'intero borgo. Il sole era bloccato, incuneato dietro al piccolo monte di rifiuti. Non avevo più fiato in gola, solo una secchezza frizzante, che mi faceva bruciare gli occhi di lacrime, anch'esse bloccate dai rifiuti dell'anima e della fredda cattiveria degli uomini. Inizialmente era un uomo a seguirmi. Egli pareva innocuo, avrei potuto quasi fidarmi e aspettare il tempo in cui avrebbe deciso di uscire allo scoperto. Avrei quasi potuto guardarlo negli occhi. Avrei.
Ma poi non era solo, erano uomini, forse anche donne e il vuoto si faceva più profondo e angosciante. Faceva paura: una paura senza spiegazioni. Dovevo scappare. Fu allora che le mie gambe presero a correre senza suggerimenti da parte della testa, come se non fossero due parti dello stesso corpo.
Era una paura ignota, ma non paura dell'ignoto, io sapevo cosa pretendevano da me: volevano quella piccola luce dietro i rifiuti. Erano come dei del buio. Essi non ne avevano mai abbastanza dell'oscuro e silenzioso vuoto. La luce, che per me era un faro nella notte, per loro era una via di perdizione e pericolo. La loro salvezza era il buio tanto conosciuto e mai temuto. E io ero una di loro, eppure non ero come loro.
Continuavo a correre come ogni notte. A volte mi avvicinavo anche al lumicino tanto agognato, ma poi mi allontanavo. La colpa era delle mie gambe, di derivazione oscura, o del vuoto che mi raggiungeva il cuore?
Scorgevo a tratti qualche volto indifferente alla finestra. Volti pallidi e sfuggenti: senza nessuna importanza. E io continuavo a correre. Quella notte trovai un pertugio nel quale il vuoto non riusciva a raggiungermi totalmente e gli dei dell'oscuro nemmeno, ma erano molto vicini, non ci si poteva rilassare: sensi attivi anche durante il minimo riposo.
Lì, nell'oscurità, vi era una cabina telefonica, illuminata da un lampione antico e grezzo, con una luce incerta e ballerina. Potevo provare a trovare una via di fuga, un aiuto seppur labile. Non vi era bisogno di comporre il numero, sotto la luce avrei trovato certamente la persona giusta, semplicemente sollevando la cornetta. Potevo fidarmi, ne avevo la certezza, potevo scomporre i sensi e rendere meno attivo qualcuno, ma il tempo stringeva, loro erano sempre sulle mie tracce. In seguito avrei scoperto che lo sarebbero stati sempre, anche in futuro, perché l'impronta che lasciavo era genetica e la potevano riconoscere anche in capo al mondo.
“Ciao anima!”La sua dolce voce aveva riempito in un attimo quel vuoto silente. Mi sentivo riempita fino all'orlo e improvvisamente mi resi conto che dentro di me c'era tutto l'esterno oscuro che non riuscivo più a trattenere. Scoppiai in singhiozzi disperati, senza riuscire a spiegare, senza riuscire ad abbassare la voce che riecheggiava nei viottoli oscuri degli Dei perversi. “Ci sono io a salvarti! Non devi avere paura, non c'è bisogno di piangere.”Io provavo a trattenere le emozioni per provare a spiegarle, a far capire quelle ragioni senza senso.“Non puoi capire cosa significa dover scappare ogni notte e sapere che se ti raggiungono non ti resterà nemmeno il più piccolo spiraglio di luce.” Non capiva. Glielo leggevo in faccia, come fosse stata di fronte a me. Le intenzioni c'erano, ma non vedeva il mio buio. E come poteva se lei era luce? Una luce che abbaglia e ti predispone ad un buio falsato. Una penombra tenue che ti suggerisce riposo e non fuga. E infatti disse:“Se la smetti di scappare forse non ti seguirà più nessuno. Come puoi sapere le loro intenzioni?” “Perché sono le stesse da una vita. Perché dentro di me sento ogni volta ciò che sentivo i giorni in cui mi hanno raggiunta. E tutte quelle volte hanno creato una notte infinita.”“Ma la luce ti riporterà al giorno se le permetti di entrare.” insistette lei.“E cosa succederà a loro?” Silenzio privo di comprensione.“Non hai bisogno di loro. Ci sarò sempre io con te.” 
Ho ricominciato a piangere: un pianto questa volta triste e privo di speranza. Lei ancora non sapeva che non era possibile esserci sempre, perché ogni qualvolta il buio genetico mi avesse inghiottita tra le sue spire all'improvviso e con poche ragioni appuntabili all'esterno, lei ne sarebbe rimasta delusa e si sarebbe inconsciamente allontanata dalle oscurità allo stesso modo in cui io ora le rifuggivo. 
“Loro sì.” risposi semplicemente.La comunicazione si interruppe bruscamente, o così parse a me, in quanto sentii tutto ad un tratto il peso sulle spalle della mia decisione: la decisione di non deludere l'oscurità, quell'oscurità che ormai mi apparteneva. La decisione, quindi, di non deludere me stessa e accettare quel limbo. Il lampione si spense. La paura mi travolse nuovamente. Il vuoto era ormai vicino. Avrei continuato a scappare, ogni notte, senza sosta: sarebbe stato il mio destino eterno, il mio purgatorio. Non avrei permesso al buio di penetrarmi di nuovo, ma non gli avrei fatto del male lasciandolo solo nell'oscurità. Passeranno le notti una dopo l'altra e penserò alla tua mancanza. Penserò alla luce alla quale sarei voluta appartenere, alla dolce e piacevole voce che finalmente pensava a me, come nemmeno io ero in grado di fare. E salirà un magone buono, soffice e senza paura. Una lacrima scenderà, ma nessuno se ne accorgerà. Così penserò a te, alla mia occasione persa e che non tornerà. Perché non sono stata programmata per la luce. Mi dispiace moltissimo. A me per prima.


(inedito)

Jenny Brunelli

Sono nata il 28 aprile del 1981 a Copparo, un paese in provincia di Ferrara. Sono insegnante di scuola d'infanzia e nel tempo libero amo scrivere. Visualizza Biografia

Jenny Brunelli - Luci nella notte Jenny Brunelli - Luci nella notte Reviewed by Ilaria Cino on settembre 15, 2016 Rating: 5

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